[Alcune considerazioni su...]

(versione stampabile)


#METOOGAZA, e TIBET*.

 

Conversando con Noam Chomsky il 2 ottobre su temi del tutto personali ho appreso dell’esistenza dell’appello #MeTooGaza, un appello che seguì l’ennesima e risaputa strage in stile Gestapo ad opera della Israeli Defence Force su civili Palestinesi disarmati il 30 maggio scorso. Noam Chomsky, come Ilan Pappe, come Norman Finkelstein, come Abby Martin, come altri anonimi cittadini del mondo come me, si sono uniti a questo appello che deve durare finché l’assedio israeliano di Gaza sarà terminato, quindi è sempre attualissimo.

Purtroppo trattandosi di crimini contro l’umanità da parte d’Israele, i numeri degli aderenti sono una minuscola frazione rispetto alle Magliette Rosse o ai Padani o ai Piddini o ai Fattoquotidiani. Non ci trovate certo Fusaro o Becchi o Cruciani o i superSionisti Lerner e Travaglio, perché mettere la propria faccia per i Palestinesi non fa figo, né fa like su Facebook, è devastante per la carriera (ehm, ne so qualcosa eh?). Ma fatelo sto video di 30 secondi. Per uploadarlo è facile, le istruzioni sono qui

https://www.metoogaza.com/

Grazie. Paolo Barnard

*Nel titolo, dopo Gaza, ho scritto Tibet, solo perché l’imperativo morale mi obbliga a citare l’unica altra Apartheid in tutto il Pianeta che ancora sopravvive assieme a quella Palestinese. Pechino ha compiuto genocidio sui tibetani nell’indifferenza totale di tutti noi. Purtroppo mentre per la Palestina ancora esiste una frattaglia di speranza che i nostri governi agiscano per porre fine a quell’abominio, per il Tibet e la sua cultura non esiste più nessuna speranza, e va detto: una grossa mano in questo senso l’hanno data la coppia di buffoni Richard Gere e il Dalai Lama.

 


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