[Paolo Barnard]

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Un militare tira su dall’asfalto un affare nero grande come una borsa ma senza forma. E’ un polmone attaccato alla spalla. Un braccio è a dieci metri impigliato fra i rami di un alberello. Vedo che pescano altri pezzi di qui e di là. Erano 3 o 4 corpi smembrati dalla bomba. Cose che succedono in una guerra civile. Ma vedete, la cosa che mi accadde quel giorno fu destabilizzante. Perché ti puoi relazionare a un cadavere, ce n’erano altri 4 in giro, ti puoi relazionare a una gamba o a un mezzo tronco umani, ma io non seppi come relazionarmi con quello che mi circondava.

Avevo appoggiato il pc sul tetto di una macchina a circa 50 metri dal cratere della bomba e mi ero messo a scrivere la corrispondenza per l’agenzia di stampa italiana, ero in Africa. A un certo punto noto sull’asfalto intorno a me, e per un raggio di una trentina di metri, milioni di semi neri fitti fitti. Forse non semi ma non so come descriverli, magari più grani di pepe, neri, come piovuti dal cielo tutt’intorno, come seminati uniformemente per una vasta area. Erano micro ciccioli di carne umana, corpi frammentati in milioni di ciccioli microscopici. Come ti relazioni con una cosa così? Non esiste più neppure un pelo, un’unghia che ti possa aiutare a riconoscere in quella roba un corpo come il tuo. Mi spiazzò molto. L’unica cosa che feci fu di mettermi in punta di piedi per evitare il più possibile di pestare quelle… persone?

Mi porto questa memoria dentro e trovo strano che ancora oggi non so come relazionarmi a essa.

Questo ha senso raccontare adesso.