[Paolo Barnard]

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Io e il Ciccio De Florio decidiamo di andare a figa. E cosa fanno due 25enni a luglio a Cesenatico? Ma siccome siamo scemi, decidiamo di farlo alle 5 del pomeriggio in giro per bar, mentre tutti sono in spiaggia. Però ci va bene. Becchiamo due ragazzine belline che girano in bici Graziella, solita tecnica, una pedala l’altra in piedi dietro. Quella dietro è la più carina devo dire, lunghi capelli biondo-castano a boccoli fino al sedere, due tette che mmmmm!, due occhioni da Bambi, nasino perfetto, con un bel pareo fino ai piedi. Bè, le branchiamo, io e il Ciccio mica facciamo schifo, due atleti, e due matti come pochi.

Finale: dopo circa 10 coca-Avana a testa e una mezza piadina per cena (e quando finalmente sto sole del cavolo è calato) si tromba in spiaggia, sui lettini. Yahhh! Io sono io, e mi prendo la più carina col pareo, caro Ciccio non c’è storia. L’unico ricordo che ho di quella notte è che io mentre trombavo la carina sentivo delle voci insistenti alla mia destra. E dicevo “Ciccio piantala di rompere il cazzo…”. Non era il Ciccio, ma la gente che faceva il passeggio. Va bè, ero così ubriaco che non ricordo altro, nemmeno lei.

Ma io sono io, e non sono uno scopatore usa e getta. Mi affeziono alle ragazze che trombo, sempre. Così va che io e la carina coi boccoli e gli occhioni da cerbiatta ci rivediamo nei giorni successivi, ma lei mi dà sempre appuntamento di giorno in spiaggia. La sera più. Cristo, e trombare? Ma com’è carina, delicata nei modi, intelligente, ha 21 anni, e sempre con quel pareo, fisso, non lo toglie mai. Mi metto a chiamarla "l’indonesiana".

Arriva il giorno che lei cede e mi invita a casa sua la sera. La trovo in salotto sdraiata sul divano, la porta aperta. Baci, scherzi, carezze, le tolgo il pareo mentre la bacio… ma quei due occhi di zucchero mi fissano diversi ora. Non so dire perché, ma quello sguardo mi ferma. La guardo, lei non cambia occhi di un’inezia, quasi mi commuove. Mi alzo, lei dà come un singulto, timido. E' mutilata, non ha la gamba sinistra, troncata sotto l’anca. La protesi è sul letto dell'altra camera, la vedo anche se la luce è spenta.

Lei ha gli occhi chiusi ora. E’ lì davanti a me bella come un dono di Dio e senza una gamba. Non apre gli occhi, la chiamo, non li apre. Abbiamo fatto l’amore quella sera, non scopato, e lei non ha mai riaperto gli occhi.

Cosa ci vuole a ventuno anni a portarsi dietro una cosa del genere, a mostrarsi nel mondo dei ‘normali’, a desiderare di amare, di essere toccata, di avere anche tu il ragazzo come le altre, senza una gamba. A ventuno anni.

Dove sei ora? Che vita hai avuto? Vorrei tanto sapere di te, se ti hanno amata, se ti ricordi di me, se hai sorriso ancora come facevi davanti a quei coca-Avana. E’ orribile non poter sapere nulla di te, perché chi vive con una tonnellata inchiodata alla schiena fin da ragazzina, e comunque vive, merita tanto di più di quello che merita uno come me. Ma sai, Dio è indaffarato altrove ovviamente. Ti penso sai? Chissà mai che tu non legga queste righe.

Questo ha senso raccontare adesso.