[Paolo Barnard]

Non più chicchi di mais.

Depongo la mitraglia tecnica per raccontare a te una storia. Chi sei tu? Ah, questo non lo so, io spererei che tu fossi quello 0,2% fra coloro che mi leggono che capisce la compassione. Degli altri, grazie di tutto, ma non me ne frega nulla, cioè non mi interessano ste frotte di italiani che adorano essere informati, della serie “grazie Barnard, sei grande, non mollare mai!!”. Ok, sono informati, e poi? Ti faccio notare una cosa: in quasi tutti i miei lavori, soprattutto nelle due versioni del Più Grande Crimine, io ho speso parole forti sul punto per me più importante in assoluto, che è la pena che ho sentito per chi fu schiacciato, sfregiato e umiliato da questo sistema economico e sociale. La stessa pena che sento ora per tutti coloro che oggi patiscono lo stesso destino. Sono tanti, ma tanti. Ora pensa: fra le centinaia di migliaia di letture, commenti e diatribe che il mio lavoro ha innescato, nessuno mai, nes-su-no, ha evidenziato i miei accenti posti su quella sofferenza. Fatti un viaggio fra i commenti di siti noti come Comedonchisciotte o nei gruppi che parlano del mio lavoro su Facebook o in tanti altri blog dove io spunto. Vi trovi una varietà di individui che contribuiscono annotazioni che vanno dall’abiezione, al cinismo, allo sterile, o che, al meglio, sono inutili appassionati. Ma nessuno si ferma sulla pena, sulla compassione per i milioni di esseri umani che vivono sulla loro pelle il sadismo del Vero Potere, cioè per il popolo delle strade di asfalto, non quello delle strade informatiche. Nessuno neppure la considera quella immensa pena.

Lo so: io meno fendenti pesantissimi talvolta, ma perché? Perché io so che la macchina del Vero Potere è due secoli avanti a qualsiasi reazione popolana immaginabile, e solo eguagliandone la maniacale preparazione potremo combatterli. Loro sono precisi come robot chirurgici, noi dobbiamo essere identici. Loro sono diffusi capillarmente, noi dobbiamo essere identici. Loro lavorano 24 ore su 24, 365 su 365, noi dobbiamo essere identici. Rimanere indietro anche di un solo giro significa aver perso. Perso cosa? Persa la possibilità di licenziarti dal datore di lavoro che ti tocca la figa da cinque anni, e tu sei alla disperazione, ma hai la bimba a casa e non puoi difenderti; là fuori non c’è un altro lavoro per darti da vivere. Perso il futuro di tuo figlio Andrea, che volevi mandare ad architettura a Firenze, ma no, farà il barista con te, fine dei sogni di un padre, fine del futuro di un figlio. Perso tua madre per un cancro, perché l’hanno operata un anno e due mesi più tardi del dovuto, visto che per la clinica privata non ce n’era. Persa la voglia di vivere, perché con crediti per 700 mila euro, che nessuno ti pagherà più, hai dovuto chiudere la litografia a mandare a casa Luca, Piero, Sandrino, Pierluigi, Carlotta, Emilia, Enza e Giovanna. Era la tua famiglia dal 1993. Pierluigi aveva appena acceso un mutuo e fatto due gemelli. Tu ieri sei stato dal neurologo che ti ha detto: le rimane il litio, signor Mauro, lei non può continuare così. Perso la testa giovedì scorso, quando nel corridoio dell’ufficio di quartiere hai urlato “lei è una merda!” al medico legale che ti aveva detto “Signora V., lei non può chiedere quello che non c’è, non ha l’unico Alzheimer di Bologna in casa. Non avete parenti che possano aiutare?”. E queste sono tutte storie e nomi veri, sofferenza vera. Perso la possibilità di essere rispettati come persone, di avere un futuro, di non soffrire come bestie, e di non dover morire così, dopo aver ingoiato tutto da perdenti e per il profitto di pochissimi altri.

Io meno fendenti, perché chi si autoproclama paladino della lotta contro gli aguzzini della mostruosa macchina del Vero Potere - cioè paladino di tutte le persone vere sopra descritte e di milioni come loro, paladino della loro sofferenza vera, vera! - deve essere un mostro di competenza che darà tutto se stesso per essere micidiale tanto quanto il nemico. Se non lo è, se prende scorciatoie, se non si pensa a sua volta macchina perfetta e chirurgica e se non lo è davvero, ma lo stesso pretende di vestire il manto del vendicatore, allora è un buffone in cerca di visibilità, di vendite di libri, di carriere, dell’adorazione di patetici fans, è un approssimativo ignorante, una ‘bella anima’, che però straparla per cavalcare la news di moda, come quelli che io giustamente prendo a calci. Buffoni impietosi falsari che spacciano sciroppi da circo per la cura della sclerosi multipla.

 

Che cosa è la Modern Money Theory, cioè l’MMT? Te la metto così. Una sera di febbraio di quasi due anni fa ero su Skype con l’economista Randall Wray, il timido americano con la voce quieta che ha raccolto il lavoro di giganti dell’economia come Keynes, Robinson, Lerner, Knapp, Godley, Goodhart, Minsky, e l’ha adattato all’economia moderna. Non avevo la più pallida idea che mi stesse parlando di MMT. Gli stavo proponendo i miei studi sul Vero Potere per capirne la parte finanziaria, lui continuava a ripetermi questa cosa della moneta moderna, lo Stato la possiede, la può spendere per noi, a debito. Non so come sia accaduto, ricordo un ronzio della mia testa che di colpo si è formato in parole, e mi è uscito quasi un urlo: “Randy! Randy! Stop… What you are saying, God!, what you are really saying is that we owned the goose that lay the golden eggs! For God’s sake! Yes! We did!”. “Randy, quello che mi stai veramente dicendo è che noi avevamo per le mani la gallina dalle uova d’oro, Cristo!, sì!, certo, l’avevamo!”. Dall’altra parte della linea mi arriva lui, come lui è, mi arriva il suo “Yep!”, cioè: esatto, in slang. Fine commenti, non una sillaba di più. Randy è così. Ma io stavo già catalizzando le forme del più grande crimine commesso contro le società occidentali dalla fine della seconda guerra mondiale a oggi, proprio il cuore del male, ed ero saltato sulla sedia perché lo vedevo. Letteralmente, davanti agli occhi, come in fotogrammi netti che si srotolano nel passato italiano, mi erano ricomparsi gli ospedali fatiscenti degli anni sessanta e gli ammalati a morire nei corridoi, gli emigranti italiani ammassati come bestie nelle cantine tedesche o belghe, i morti durante gli scioperi, gli analfabeti del sud finiti nelle mafie pur di mangiare, la vita nei palazzoni-caserme degli sfollati dalle campagne della fame in Molise, Abruzzo, Lazio, persino in Veneto, i turnisti delle fabbriche micidiali della padania, le scuole coi banchi degli anni ’30 e i computer solo un miraggio, i nostri vecchi a morire negli ospizi della tortura istituzionalizzata come fine vita. E tanto altro, tutto compresso in un istante. Era tutto stato voluto a tavolino, non fu mai necessario che accadesse, non fu mai un accidente dell’economia, fu solo per profitto, di pochi.

Randall Wray stava là, aveva capito che io avevo capito, e solo al termine del mio pathos aveva aggiunto, e sempre con la sua cantilena da Mid-West: “It’s so frustrating. You see all these progressives that scream about the bad stuff in the peripheral, like the big banks, the multinationals, capitalism. Ok, you can criticize that, but they don’t understand the core issue, what modern money could have done for people and for democracy. What it could do now”. “E’ così frustrante. Vedi tutti questi di sinistra che si agitano sui mali laterali, come le mega banche, le multinazionali, il capitalismo. Ok, si possono criticare, ma non capiscono il punto centrale, cioè cosa il denaro moderno avrebbe potuto fare per la gente e per la democrazia. Cosa potrebbe fare ancora oggi”.

Tutto iniziò quella sera. Io ho semplicemente messo assieme ciò che sapevo dei meccanismi di potere sovranazionale con l’essenziale verità di macroeconomia dello Stato di Randall Wray e della sua Modern Money Theory: uno Stato con propria moneta sovrana può comprare tutta l’occupazione che vuole, tutta l’assistenza sociale che vuole, tutta l’istruzione che vuole, tutte le case per gli sfrattati o per i giovani che vuole, e creare una cittadinanza protetta, forte, non impaurita, non ricattata, non ignorante. Può creare la VERA DEMOCRAZIA. Uno Stato con propria moneta sovrana e legittimato dai suoi cittadini nel nome del bene comune, può decretare la morte della mefitica macchina del Vero Potere, e per sempre. Lo può fare, lo poteva fare. Era la nostra gallina dalle uova d’oro. Perché non è mai accaduto? Da qui iniziò la mia ricerca su quel perché, che ha partorito Il Più Grande Crimine.

 

La scena di povertà più orribile che ho mai visto nella mia vita fu nel 1999 in Africa. Filmavo la puntata di Report “Un  debito senza fondo”, su come il Vero Potere aveva distrutto milioni di vite africane nel momento in cui quel continente aveva immaginato una sua riscossa, che doveva passare attraverso il New International Economic Order di 40 anni fa. Quella scena di miseria mi passò davanti a telecamera spenta. Ero in Tanzania con un gruppo di politici, mi stavano portando a visitare un impianto di produzione di farina di mais per la polenta bianca, il cibo di sopravvivenza di tutta l’Africa sub sahariana. Dovevo filmarlo perché il Fondo Monetario Internazionale aveva appena imposto l’austerità a quel Paese, cioè stop agli aiuti di Stato per la produzione di alimenti, fra le tante misure. Una cosa nazista. Il complesso, fatiscente ammasso di silos e capannoni sovietici, si ergeva su una spianata di argilla desertica, quasi savana, ed era servito da una strada sterrata che eruttava nuvole di polvere spaventose al passare di ogni camion carico di mais. Si doveva stare sopravento a quelle tempeste, per non esserne impastati come chi fosse caduto in una vasca di gesso ingiallito. L’approccio degli ultimi metri prima delle cancellate era obbligatoriamente a piedi, e io camminavo in fila indiana coi locali accompagnatori. La sfilza dei camion era continua, serrata, rombo e polvere e vento da stordire un rinoceronte. A poco dall’entrata vi fu un vuoto di passaggi degli automezzi e tutto si placò. Al calare del polverone, una figura si materializzò alla mia sinistra, come in un incantesimo da teatro dell’ottocento. Vidi una cosa piccola, gobba, tutt’uno con l’argilla, il volto una maschera gialla dove la terra si era incrostata fra le pieghe della pelle di una donna vecchissima, secca da far pensare che potesse prendere fuoco sotto quel sole, la carne umana l’aveva abbandonata da tempo. Non so dirvi gli stracci che la ricoprivano, se erano stracci, sacchi di plastica, o cosa. Ho visto muoversi solo il suo braccio destro, sembrava un ramo di legno nero, la mano che separava la sabbia con movimenti circolari lenti, quella donna aveva il petto a meno di un metro dal suolo, non so come stesse in piedi. Mi dovetti fermare, gli accompagnatori se ne accorsero e tacquero. Poi la donna mi mostrò la povertà: cercava e raccoglieva singoli chicchi di mais caduti dai camion, e li metteva nel pugno dell’altra mano. Per mangiare.

Capire, chiedere, decidere. Fu tutt’uno. Capire, che ero un’insulsa bella anima che credeva alla personale assoluzione dai mali del mondo perché armato di mezzi patetici, nozioni approssimative, e un titolo di giornalista d’assalto immaginavo di poter combattere la colossale catena di smontaggio delle decenza umana rappresentata dal Vero Potere globale. Chiedere, a quella donna di maledirmi nell’ora della sua vicinissima morte se non avessi speso il resto della mia vita a studiare tutti gli ingranaggi di quella catena con una perizia maniacale al fine di veramente fermarla, perché solo e solo così noi uomini e donne dotati di compassione avremmo potuto ripulire per sempre quella scena dal registro dell’infamia. Decidere, che non avrei avuto altro da dire, a voi che mi leggete, se non questo, da quel giorno in poi. Ed è solo questo che io sto dicendo da anni e anni, che lo dica per la tragedia palestinese, per l’imperialismo militare dell’Occidente, per l’economia del Più Grande Crimine.

La sofferenza di chi è preso nelle maglie del Vero Potere - dal disoccupato italiano alle altre carcasse di legno secco che cercano cicchi di mais fra la polvere, dall’Africa ad Haiti o al Brasile - la dovete ignorare e neppure osare avvicinarvi se credete che si possa combattere anche solo un metro al di sotto della genialità efficientista e della maniacale organizzazione del Vero Potere, o essendo anche solo di una pagina più ignoranti della sua agghiacciante perizia. Fare altrimenti è un insulto a quella donna. E la quasi totalità delle belle anime che guidano la lotta al mostro Neoliberista la stanno insultando.

Ora tu, e solo tu fra le migliaia di persone che leggeranno per nulla queste righe, tu che le hai capite, tu sai cosa ha fatto per me la Modern Money Theory di Randall Wray. Mi ha messo nelle mani l’arma che mi mancava, e che, caricata col fuoco di una conoscenza completa del funzionamento del Vero Potere, potrà esplodergli il colpo che lo abbatte, niente meno. Perché l’MMT funziona in Italia e in Tanzania allo stesso preciso modo, ed è per l’economia, la democrazia e la decenza umana quello che la penicillina fu per l’umanità intera. MMT è uno Stato, legittimato dai cittadini, con la sua moneta sovrana spesa a deficit per loro prima di tutto, fino alla loro completa sicurezza e benessere. E’ il compimento ultimo della democrazia.

E sogno che fra non troppo tempo potrà esistere una favola da raccontare ai nostri bambini che inizierà recitando “C’era una volta un pugno di chicchi di mais intrisi di sabbia…”, e che finirà così  “Ma oggi, bimbi, per fortuna non c’è proprio più”.