[Paolo Barnard]

Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema: tappeto rosso al nazismo sionista a Gaza.

- Dedicato ai morti di Gaza del dicembre 2008, gennaio 2009.


 “Il Nazismo ha distrutto il giudaismo fisicamente, il Sionismo l’ha distrutto spiritualmente”, Leibele Weisfisch, Rabbino, 1992

Giorgio Napolitano è un ignorante complice morale di crimini contro l’umanità in Palestina. Massimo D’Alema è un consapevole complice diretto di crimini contro l’umanità in Palestina. L’occupazione israeliana dei territori palestinesi è un insulto permanente a sei milioni di morti nei campi di sterminio nazisti.

L’organizzazione umanitaria americana The Middle East Children Alliance ha completato di recente un sopralluogo a Gaza, colpita nel dicembre del 2008 dal peggiore atto di terrorismo indiscriminato compiuto da Israele su quelle terre dal 1948, e ha intervistato decine di bambini palestinesi chiedendogli quali erano i loro bisogni più urgenti. La risposta della maggioranza di quei bimbi è stata questa: “Poter bere un bicchier d’acqua la mattina”. Gaza è una prigione a cielo aperto dove nessuno può entrare o uscire, dove Israele non permette l’importazione di gas per cucinare, di acqua da bere, di farmaci salvavita, di cemento per ricostruire ciò che ha distrutto, di matite, di lenticchie, di quaderni, di cloro per disinfettare acquedotti e fogne, e dove l’esercito dei neonazisti ebrei israeliani spara ai contadini che raccolgono la bietola per non morire di fame, o ai pescatori che osano uscire nel loro mare per non morire di stenti. Gaza è oggi l’unica camera di tortura sperimentale a cielo aperto del mondo, l’unica istanza al mondo dove uno Stato Canaglia, Israele, sperimenta un sadismo etnico scientifico con l’appoggio pieno di ogni democrazia moderna che si conosca. Il Darfur, Ace, il Tibet, la Birmania, la Korea del Nord e altri orrori simili sono pienamente riconosciuti come tali e sanzionati come tali dai Paesi cosiddetti civili. Non la Palestina, dove da almeno 60 anni una banda di criminali assassini e terroristi che rispondono al nome di Movimento Sionista può permettersi qualunque atrocità per due motivi: perché Israele è oggi la più grande base militare americana del mondo e perché Adolf Hitler ha sterminato sei milioni di ebrei con la nostra complicità durante la seconda guerra mondiale. Motivi per cui Obama sta zitto e per cui l’Europa non osa profferire parola.

Il Movimento Sionista di Theodor Herzl, Israel Zangwill, Vladimir Jabotinski, Chaim Weizman, Leo Motzkin, David Eder, Golda Meir, Moshe Dayan, Ben Gurion, Menachem Begin, Yitzhak Rabin, Ariel Sharon, Ehud Olmert, Tzipi Livni, Ehud Barak, Benjamin Netanyahu (e altri) è una organizzazione criminale il cui unico posto nella Storia è dietro le sbarre della gabbia del Tribunale Penale Internazionale o di una nuova Norimberga. Essi hanno non solo martoriato oltre ogni limite il popolo palestinese, ma non si sono fatti scrupolo in 60 anni di storia d’Israele di mandare al macello fisicamente e psicologicamente gli ebrei stessi, loro concittadini, pur di perseguire il loro piano originario: la pulizia etnica di tutta la Palestina biblica. Hanno rigettato e distrutto ogni singola offerta di pace, hanno raccontato menzogne con una sistematicità diabolica, e hanno consciamente replicato nei Territori Occupati le tecniche di tormento razzista del Terzo Reich. Oggi, questa congrega di assassini corrotti, sta invece ritta sui tappeti rossi degli ignoranti negazionisti come Giorgio Napolitano, che non molto tempo fa ha dichiarato di aver “denunciato l’antisionismo come travestimento dell’antisemitismo. C’è chi – non avendo nel mondo di oggi il coraggio di dichiararsi antisemita – assume come bersaglio il sionismo, con esso identificando una presunta volontà di dominio”. Presunta, dice il Presidente. Ecco cosa lasciò scritto un suo omologo israeliano, Ben Gurion, padre di Israele, nel 1948: “C’è bisogno di una reazione brutale. Dobbiamo essere precisi su coloro che colpiamo. Se accusiamo una famiglia (palestinese), dobbiamo fargli male senza pietà, donne e bambini inclusi… Non vi è alcun bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti”. Ed ecco, Napolitano, come commentò quelle parole il più insigne letterato ebreo israeliano del XX secolo, Yizhar Smilansky “Ci facciamo ingannare di fronte all’evidenza, e ci uniamo subito al grande e comune mucchio dei bugiardi – composto da ignoranza, apatia opportunista e semplice svergognato egoismo – e scartiamo una grande verità per la furba scrollata di spalle di un criminale inveterato (Ben Gurion).”

La stessa congrega sionista criminale pretendeva nel 2006, e otteneva, dal governo di centrosinistra italiano di Romano Prodi e dal suo Ministro degli Esteri Massimo D’Alema l’adesione incondizionata al crimine internazionalmente riconosciuto di ‘punizione collettiva’ dell’intero popolo palestinese, colpevole di aver aderito alla democrazia ma di aver votato a maggioranza il partito ‘sbagliato’. Quello sgradito a Washington. Massimo D’Alema ha portato me e voi sulle soglie della camera di tortura a cielo aperto di Gaza a chiudere i portoni di accesso dei beni di sopravvivenza essenziali e a contemplare un milione e mezzo di innocenti che si contorcono in una “vita da cani” (Moshe Dayan, 1967), ammassati nel 5% di quella che era la loro legittima terra, senza diritti, lasciati morire di parto ai posti di blocco, di malattie banali, costretti a nutrirsi di rifiuti, e sottoposti a un accanimento sadico da parte di Israele che Mary Robinson, Alto Commissario per i Diritti Umani dell’ONU, ha definito nel 2007 “la distruzione di una civiltà”, opinione confermata fra gli altri dalle parole dell’ex ministro inglese per gli Affari Internazionali Clare Short, che in una audizione alla Camera dei Comuni dello stesso anno ha parlato di “un sistema di Apartheid, annessioni brutali, e creazioni di ghetti”. Tutto questo mentre nei salotti italiani personaggi della bassezza morale di Marco Travaglio, Massimo Teodori, Gad Lerner o Furio Colombo pontificavano sulla brutalità dei negri palestinesi, fra un’apparizione tv e l’altra, e mentre finivano il carpaccetto all’aceto balsamico nel ristorante di mamma RAI.

Le prove documentali di quanto ho appena scritto si trovano pubblicate già da tempo nei miei lavori, e sono di fonte unicamente ebraica o occidentale. Vi trovate le smentite a tutte le menzogne sioniste su Hamas, sul terrorismo, su chi massacra chi in Medioriente, su ciò che vi raccontano i Tg italiani. Ma basterebbe il candore agghiacciante dell’ex Capo di Stato Maggiore d’Israele Mordechai Gur, che nei resoconti dell’analista militare israeliano Ze’ev Schiff ammise senza patema alcuno che il suo esercito per 30 anni aveva colpito una popolazione civile che viveva in villaggi, colpito civili di proposito e coscientemente “perché se lo meritano”, e anche in assenza di alcuna minaccia armata. Avrebbe dovuto bastare, sessanta anni fa, il grido angosciato di Albert Einstein e di Hannah Arendt, i quali denunciarono le venature “naziste e fasciste” nei partiti dei padri fondatori di Israele. E dovrebbe bastare a chiunque non sia della pasta di Giorgio Napolitano, Massimo D’Alema o Marco Travaglio il filmato che un eroe moderno come Vittorio Arrigoni ha realizzato, e che sta mostrando a sparute platee italiane ahimè, dove compare tutto l’orrore del sadismo israeliano senza veli: due contadini di Gaza, padre e figlio emaciati, armati di un carretto ottocentesco tentano di raccogliere a mano delle bietole in un campo di loro proprietà; è la loro sopravvivenza, i loro volti sono contorti dalla disperazione, ma gli uomini “dell’esercito più morale del mondo” (Barak), i discendenti dei sei milioni di morti dell’Olocausto, li prendono a fucilate indiscriminatamente, un tiro al piccione con l’agonia altrui. I disgraziati si gettano a terra, salvati solo dalla presenza dei giovani occidentali dell’International Solidarity Movement, che con un coraggio indefinibile fanno da scudi umani alle pallottole. Ma si faccia attenzione: quel tiro al bersaglio diretto a chi tenta di non morire di fame non è fatto per casuale brutalità; è politica dettata da Tel Aviv per portare a compimento i dettami dell’abietto Moshe Dayan che nel 1967 disse: “Voi palestinesi continuerete a vivere come cani, chi vuole può andarsene. Chiunque si avvicini al Movimento Sionista con una morale non è un Sionista”. La scena filmata da Arrigoni torce le budella, strozza la gola di chiunque abbia mai amato un padre o un fratello nella vita, e richiama a pieno titolo le parole di Hannah Arendt: ‘La Banalità del Male’. Accade ogni giorno a Gaza, mentre noi siamo qui. E allora.

Non indignatevi, che siate maledetti se lo fate. Fate altro: informatevi e raccontate al mondo che la crudeltà nazista non è morta, che oggi vive e che si chiama Sionismo, occupazione della Palestina, e che rappresenta l’unico esempio al mondo di orrore etnico pienamente accettato e sostenuto da ogni democrazia moderna. Roma, il Quirinale e tutti noi in prima fila.

 “Il quadro che emerge è di un Israele che selvaggiamente infligge ogni possibile orrore di morte e di angoscia sulle popolazioni civili, in una atmosfera che ci ricorda regimi che né io né il signor Begin oseremmo citare per nome”. (parole dell’ex ambasciatore israeliano all’ONU Abba Eban. Fonte: il quotidiano israeliano Jerusalem Post)