[Paolo Barnard]

POSSIAMO TUTTI PENSARLO?

 

Senza arrivare agli orrori della Siria – Ale Greco so che mi capisci – o dell’Africa, della Palestina.

Ecco un bambino qui, nel nostro mondo al Nord, che a dieci anni porta con sé occhi spenti dalla depressione, che a dieci anni non dorme come tanti altri bambini, è inseguito da un animale che si chiama ansia. Sta così perché a un certo punto un’eredità - non genetica - di cui nulla sapeva e che ha infettato i suoi genitori, passata a loro da lontano, fortificata dal nostro vivere abietto, ha spaccato in due la sua crescita. Ha dieci anni, vuol dire quello che io so bene, cioè un tempo davanti troppo lungo da vivere con quei due fetenti compagni, la depressione e l’ansia. E sua madre mi ha scritto stanotte.

Un bambino così, ecco perché piango. Basta lui per farci piangere tutti, di questa esistenza odiosa già di per sé, ma resa putrescente dai meschini, dagli umani di certo non figli di nessun Dio, impossibile che lo siano. La prova che Dio è una schifezza, perché noi siamo lui.

Io vengo tradito, dileggiato, e piango perché esiste questo pantano ovunque, non perché colpisce me, non mi piango addosso stolti. Il bambino di dieci anni. Lasciatemi invertire brutalmente un detto ebraico, “chi salva una vita umana, salva il mondo”. Balle. No, lo riscrivo. Una vita umana spezzata, spezza tutto il mondo. Infatti lo vedete cos'à il mondo.

E’ ormai l’alba. Dormirà quel bambino? Possiamo tutti, vi chiedo, tutti, pensarlo adesso?

Pensarlo.