Parte 2. OCCUPAZIONE & DISRUPTION: COSA DEVONO SAPERE I
TUOI FIGLI. LAVORO SI’, LAVORO NO.
Riprendo dalla parte precedente. Nel vitale tema di
Disruption & Mondo del Lavoro abbiamo già elencato dei fatti chiari.
A): La Disruption sta piombando sul mercato del lavoro con
un grande pericolo: una violenta disparità nei redditi fra chi nella forza
lavoro la saprà cavalcare e chi meno.
B): Ci sarà un effetto di trasformazione di questi tutte le
professioni esistenti, principalmente per l’effetto di Artificial Intelligence
(AI) e di Machine Learning, che rappresentano molto di più di ciò che l’arrivo
dei personal computers rappresentò per tutte le professioni 40 anni fa. Questa
trasformazione farà però nascere lavori che oggi non esistono.
C): Alcune professioni saranno eliminate del tutto. Le più a
rischio di sparizione sono quelle caratterizzate da mansioni ripetitive, perché
per esse l’AI è un portento.
D): Per mettere al riparo i nostri figli, e i giovani già oggi
al lavoro, dai maggiori rischi c’è una sola arma concreta: per i primi una
formazione scolastica e universitaria più aggiornata possibile che li presenti
al mondo del lavoro come appetibili; per i secondi l’impegno di Stato e aziende
nella riqualificazione, ma a vita.
E): L’idea di risolvere ogni problema di esclusione dal
mondo del lavoro a causa della Disruption impiegando i Redditi di Cittadinanza è
in ogni caso precaria, ma nell’Italia ingabbiata da limiti di spesa pubblica soffocanti
(Eurozona), essa è fallimentare.
F): Diffidate di chiunque si esprima su questo tema di Disruption & Mondo del Lavoro in termini in bianco e nero, come chi dice: “Sarà un paradiso di nuovi lavori per tutti” vs “Sarà la fine del lavoro e vivremo emarginati mentre le macchine faranno tutto”.
Capire le tendenze in modo intelligente è ciò che salverà i vostri figli studenti, o i giovani occupati, da enormi incertezze nel mondo del lavoro. E io scrivo per permettervelo. Continuiamo con più dettagli sui quali lavori sono a rischio e quali invece no.
DOVE CADRA’ LA SCURE E DOVE INVECE CI SARA’
RICHIESTA.
Leggendo i grandi studi su Disruption & Mondo del Lavoro
delle maggiori Consultancies del mondo, come PwC UK, Deloitte, McKinsey, o
Accenture e di alcuni top accademici del settore – loro sono i massimi
esperti, avanti anni rispetto ai Ministeri del Lavoro e molto più scientifici –
si nota un accordo di tutti su quanto segue. Almeno nella prima fase della
Disruption, i settori dove le perdite d’impiego saranno più forti a causa dell'AI, della robotica, e in genere delle nuove tecnologie, sono (in ogni settore cadranno diversi mestieri):
Impiegati, contabili e amministrativi; manifatturiero e manodopera
produttiva; costruzioni ed estrazioni; avvocatura e giudici; installazioni e
manutenzione; operatori gru e trattoristi; alcune mansioni in agricoltura; meccanici
e riparatori; le arti, design, intrattenimento, settore sport e media; alcune mansioni
in hotel e viaggi.
Quelli che invece guadagneranno maggior impiego in assoluto sono:
Business e finanza; managers; informatica e matematica;
architettura e ingegneria; rappresentanti; istruzione e formazione; farmacisti;
infermieri e OSS; assistenti all’infanzia; camerieri; pensatori creativi e
manager per la Disruption.
Tutti gli altri settori coi loro mestieri stanno nel mezzo, ma, come già
detto, nessuno sarà risparmiato dalle nuove tecnologie. Però attenti, frenate
subito.
E’ dunque vero che schiere di persone perderanno il loro lavoro
così come l’hanno sempre conosciuto, ma la Disruption anche in questi casi
offre possibilità di recupero, nella riqualificazione, nell'aumento di richiesta per certe professioni, e nel fatto che
nasceranno lavori che oggi non esistono.
Tutto qui dipende da due
fattori in ordine d’importanza: la velocità dei governi nel legiferare misure per
cavalcare la Disruption e per favorire la nascita dei nuovi lavori; e
l’intelligenza dei datori di lavoro nel capire che l’epoca dellegoismo del profitto
è morta, gli porterà solo fallimenti certi e che invece il futuro digitale
impone intelligenza, che significa coordinamento fra aziende, e fra di esse e
lo Stato.
E’ per questo che io oggi ‘grido’
a voi elettori/genitori di capire cosa sta accadendo subito, ora, non domattina,
e di agire di conseguenza presso i partiti di riferimento e la stampa. Pena lo
scempio dell’occupazione giovanile, ma anche di molti altri, in Italia.
RE-IMPIEGO E NUOVE PROFESSIONI.
Entro il 2030 si stima che fino a 375 milioni di posti di
lavoro globalmente dovranno essere reskilled, cioè riqualificati. Ad
esempio: nel manifatturiero e nella manodopera produttiva, dicono gli esperti,
cadranno mansioni nelle mani dell’AI e robotica, ma il lavoratore potrà essere re-impiegato
in fasi diverse del lavoro aumentando la produttività. Gli servirà solo un reskilling.
Il colosso cinese dell’e-commerce Alibaba ha calcolato che i suoi robot da magazzino
risparmiano a ogni magazziniere almeno 50.000 mosse fisiche al giorno,
riducendone molto lo stress fisico ma soprattutto liberandogli tempo per
aumentare la produttività, e senza lavorare un minuto di più nell’orario
regolare. Naturalmente Alibaba li ha reskilled. Quindi l’impresa del reskilling
di milioni di italiani non è un optional, è l’aria da respirare, e ogni singolo analista al mondo oggi lo dice chiaro: i governi giocano qui il ruolo principale con un intervento generoso nei bilanci.
Ma una nazione con vincoli di budget al limite del sadismo
sociale (citaz. Sapelli) come diavolo farà a riqualificare sul lavoro due o tre
milioni d’italiani? Oltretutto gli studi ci avvisano di una cosa: si è detto che il reskilling è
l’ordine di scuderia di chiunque, ma va fatto velocemente, perché lasciare
languire nella terra di nessuno i lavoratori in transito, significa perderli
per strada con danni economici enormi. Vi dico subito fin da ora che addossare
questo immane compito ai datori di lavoro, blandendoli con sconticini fiscali
e mezze misure come i mini-bot, è prima di tutto ingiusto, ma poi tecnicamente
impossibile. Come farà l'Italia soffocata nei bilanci dall’Eurozona, quando, come
ho già scritto diverse volte, tutti gli esperti mondiali invocano chiaramente
interventi di governo?
Si è detto che esiste un consenso generale degli analisti
sul fatto che nasceranno nuove professioni, o vi sarà più richiesta di alcune.
Partiamo dalle seconde. Già ora la Disruption, nelle parole di 20.000
imprenditori europei da tutti i settori principali e intervistati dalle
Cosultancies, sta imponendo un aumento vertiginoso nella richiesta di alcune
professioni, che si prestano per assorbire sia una quota
di futuri licenziati (reskilled), che i giovani post laurea. Offro tre esempi
rappresentativi di altri per non dilungarmi con trenta, in ordine crescente di
complessità:
1) Rappresentanti. I prodotti di domani stanno nascendo in
queste ore o sono sconosciuti oggi, oppure saranno gli stessi di oggi ma radicalmente
innovati. Occorrono disperatamente venditori che siano formati prima di tutto a
spiegare quei prodotti, poi a venderli a privati e governi, ma anche per
raggiungere nuove fasce di clienti alle quali l’azienda non è abituata.
2) Gli analisti dei dati. Non occorre un dottorato per questa mansione,
ma di certo un buon reskilling anche in assenza di laurea. Le aziende oggi
sanno che Big Data è la scoperta nucleare del commercio di prodotti e di
servizi, cioè saper analizzare e trarre conclusioni intelligenti dall’immane
massa di dati che la Disruption gli mette a disposizione. Il successo si gioca
qui, nel terzo millennio. La richiesta di analisti dei dati è destinata a
esplodere fra pochissimi anni.
3) Per i laureati brillanti c’è già ora spazio per ricoprire un
ruolo dirigente richiestissimo nei maggiori settori di commercio e servizi, cioè
il Manager della Disruption. E’ colui che si specializza nel guidare l’azienda
(piccola, media, grande), ma anche il settore pubblico, nella tempesta di
cambiamenti che l’era digitale porta ogni minuto.
In generale grazie alla Disruption sono previsti globalmente entro
il 2030: 130 milioni di nuove assunzioni in Sanità generale e assistenza agli anziani;
50 milioni nelle tecnologie; 20 milioni nel settore energetico.
Le professioni del tutto nuove che si prevede nascano grazie alla
Disruption, sono (non chiedete i nomi esatti di questi mestieri perché neppure
ancora esistono):
Gli specialisti intra-umani, cioè intelligenza emotiva,
capacità di persuasione, gestori delle emozioni umane nel sociale, e i
creatori di motivazione; i pensatori creativi in ogni settore, sia scientifico
che industriale che amministrativo, poiché essere super specializzati ma ottuse ‘scatole
di dati’ non innova nulla in azienda; gli ottimizzatori delle energie rinnovabili; gli operatori nella lotta al cambiamento climatico.
Come scritto nel riquadro sopra, e non smetterò mai di
sottolinearlo, ogni singolo esperto in Occupazione & Disruption esistente
‘grida’ sempre la medesima cosa, che la Consultancy McKinsey&Co. ha
espresso nel dicembre 2017 con una frase lapidaria: “La moltiplicazione dei
lavori potrebbe più che compensare le perdite a causa dell’automazione. Ma
nulla accadrà per magia – richiederà che i governi e il business sappiano creare
le opportunità”. E qui non posso che ripetermi: è per questo che io oggi
‘grido’ a voi elettori/genitori di capire cosa sta accadendo subito, ora, non
domattina, e di agire di conseguenza presso i partiti di riferimento e la
stampa. Pena lo scempio dell’occupazione giovanile, ma anche di molti altri, in
Italia. Non fate l’errore di pensare "...dai, c'è tempo, oggi abbiamo ben altro a cui pensare",
equivale a iscriversi come Paese alla classe dei perdenti, e di nuovo: chi
piangerà saranno i nostri giovani e giovanissimi.
- segue -
- Contatti