Israele ammazza civili per politica.
E’
politica di Stato in Israele dal 1948 (e prima col Sionismo) ammazzare i
civili. Non sono “tragici errori”,
non “danni collaterali”, non c’è
alcun “rammarico per l’accaduto”.
Ammazzare civili è ciò su cui Israele è nata con la pulizia etnica della Palestina,
ed è ciò su cui sopravvive.
A
questo si aggiunge l’impunità totale di cui Israele gode grazie al fatto di
essere la base militare americana più grande del pianeta, e solo marginalmente
al fatto di essere Stato ebraico discendente dall’Olocausto.
Unendo
la politica congenita di Israele di ammazzare i civili con la sua assoluta impunità
si ottiene precisamente ciò che è accaduto sulla Gaza Freedom Flotilla.
Nel
gennaio del 1948, i padri fondatori d’Israele Yigal Allon e Ben Gurion
dichiaravano che “C’è bisogno di una
reazione brutale. Dobbiamo essere precisi su chi colpiamo, se accusiamo una
famiglia palestinese dobbiamo colpirli senza pietà, donne e bambini inclusi…
non dobbiamo distinguere fra colpevoli e innocenti”. Nel 1978, il Capo di
Stato Maggiore dell’esercito d’Israele, Mordechai Gur, dichiarò all’analista
militare israeliano Ze’ev Schiff che “Per
30 anni abbiamo combattuto una guerra contro civili che vivono in villaggi…
abbiamo colpito civili consciamente perché se lo meritano… il nostro esercito
non ha mai fatto distinzione fra target militari e civili, ma ha attaccato di
proposito target civili”. Nel 2000, Dan Halutz, che sarà Capo di Stato
Maggiore dell’esercito di Tel Aviv, dopo un attacco aereo da lui stesso
condotto su Gaza e dove furono massacrati dei civili dichiarò “Cosa ho provato? Solo una piccola scossa al
mio aereo per lo sgancio della bomba, ma dopo un secondo passa tutto”.
Le
invasioni del Libano da parte d’Israele, la sue condotte nei Territori
Occupati, sono un litania continua e reiterata di massacri intenzionali di
civili. Le condanne che ha ricevuto da ogni singolo organo di legalità
internazionale e organizzazione per i diritti umani sono esplicite e
consultabili da chiunque. Nulla sarebbe cambiato se i morti della Gaza Freedom
Flotilla fossero tutti stati pacifisti americani. Rachel Corrie lo era, e l’hanno
massacrata, Tristan Anderson era americano e gli hanno sparato nella testa a
sangue freddo, e così Tom Hurndall, James Miller e Brian Avery erano nomi
occidentali, anglosassoni.
La
lezione che se ne deve trarre è che questi giovani eroi che diedero la vita e
che l’hanno data per fermare il crimine contro l’umanità della Pulizia Etinica
della Palestina – perché è esattamente ciò che Israele sta facendo da 60 anni e
che oggi fa affamando e strangolando vivi i civili palestinesi sotto gli occhi
di noi Paesi vigliacchi e complici, con il benestare dei nostri presidenti
complici di crimini contro l’umanità come Giorgio Napolitano - non hanno destinato bene il loro
supremo sacrificio. Perché fino a che le opinioni pubbliche occidentali
continueranno a credere che “SI’ Israele uccide e sbaglia, MA
Israele è l’unica democrazia, MA Israele
deve difendersi, MA Israele è
vittima del terrorismo arabo, MA Israele
è comunque il meno peggio ecc.”, non vi sarà massacro, non vi sarà giovane
vita sacrificata, non vi sarà eroismo che farà una qualsivoglia differenza per
la giustizia in Palestina.
Basta
mettere la propria vita a repentaglio laggiù, non serve a nulla. Usiamo le
nostre vite per creare nelle opinioni pubbliche occidentali la consapevolezza
di cosa veramente è Israele – che non è una democrazia, che non deve
difendersi, che è il vero terrorista, che è il peggior pericolo in Medioriente
- e di quanto abominevole sia la sua totale impunità, perché come disse Noam
Chomsky “la Storia ci insegna che quando
la gente scopre la barbarie, si mobilita per fermarla”. E’ l’unica strada.
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