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L’ORRIBILE TRAGEDIA DEL PARADOSSO EBRAICO. LEMKIN. PALESTINA.

 

Quella bestemmia di Cristo che si chiama Vaticano ha citato la parola genocidio, per gli armeni. Non lo farà mai per i palestinesi. Porci.

La parola mi ha portato la memoria a Raphael Lemkin, il professore di legge polacco che ha coniato il termine ‘genocidio’, alla sua storia. E c’è da gridare, sbattere la testa contro il muro, piangere. E non per un solo motivo.

Lemkin era un ebreo con 49 familiari persi nell’Olocausto. La sua storia non la sapete, quella vera. Era ebreo e fu il redattore della Convenzione per la Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio. La sua epoca è l’immediato dopoguerra a New York. Molti anni fa trovai un suo ricordo scritto dall’opinionista del NYTimes A. M. Rosenthal, parla da solo:

Quel Lemkin, col suo modo di fare impacciato, i vestiti vecchi, che si affacciava alla porta dell’ufficio stampa dell’ONU e ci supplicava di ascoltarlo. Noi “Uffa! Lemking dai! Ancora??”, ma lui ci pregava e magari gli si dava ascolto per un minuto”… “La sua missione era di creare una legge internazionale che sancisse il genocidio come crimine supremo”. Infatti, incredibilmente dopo secoli di genocidi, ancora non esisteva legislazione al riguardo (uno dei problemi incontrati dai giudici di Norimberga, nda). “Lemkin era povero, non aveva contatti, si portava dietro una cartella piena di scritti e un sandwich, tutti i giorni… e solcava i corridoi dell’ONU incessantemente, tentava di farsi ascoltare dai delegati aggrappandosi al loro braccio, per vedere un Ambasciatore faceva anticamere di settimane…”. Spesso lo trattavano come un seccatore, lo insultavano anche, e “vi erano giorni che lo vedevamo collassato nel bar dell’ONU distrutto dalla derisione e dalla fatica”. Per due anni ogni giorno, ogni giorno…

Poi il 9 dicembre 1949 l’Assemblea ONU a Parigi approvò la sua Convenzione contro il Genocidio. “Quel giorno noi reporters gli demmo la caccia, ma lui era sparito. Lo trovammo alla fine in una sala al buio che piangeva. Ci chiese di lasciarlo solo…”. Lemkin morì nel 1959, solo, nessun premio, nessun riconoscimento. Al suo funerale c’erano sette persone.

Era un ebreo. Qui arriva la rabbia, il grido contro questa umanità bestiale, contro gli ipocriti, ancora. Perché le parole scritte da un ebreo con 49 membri della famiglia sterminati valevano per tutti gli umani, TUTTI, lui su questo era ferocemente determinato. La definizione di genocidio che egli dettò parla punto dopo punto di ciò che da un secolo i Sionisti ebrei criminali stanno facendo ai Palestinesi, fottendosene, sta stirpe sionista abominio di Dio, dell’immortale senso di giustizia di un loro fratello ebreo, Lemkin.

La legge che oggi dovrebbe salvare i palestinesi dal genocidio l’ha scritta un ebreo, e gli ebrei la ignorano. Il mondo la ignora. Compassione, giustizia sempre selettive per Israele. Nessuno tocchi gli ebrei! Un urlo antisemita di un qualche Ultras di calcio col DNA cerebrale di un culo d’asino scatena proteste internazionali, Ambasciate in fibrillazione. Ma il genocidio dei Palestinesi nulla, anzi, chi parla di genocidio di quel popolo viene… “Crocifisso in Israele” (Povia). Ma fu Lemkin a sancire che genocidio è, un GRANDE EBREO, non un Sionista.

Come vorrei che tutti i palestinesi che hanno perso decine di migliaia di innocenti per mano d’Israele, bambini rapiti, torturati, Pulizia Etnica di quasi due milioni di loro… come vorrei che ogni palestinese sapesse cosa fece anche per loro un ebreo, Raphael Lemkin, coi suoi pantaloni buffi, la cartella e il panino dentro.

E io, quando vorrei finirla davvero, chiudo gli occhi e lo penso, Lemkin, in quel bar… “collassato, distrutto dalla derisione e dalla fatica”. E torno Barnard, con furia.


 


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